Fenomenologia di Zdeněk Zeman

Era il 1968, il mondo conosceva i movimenti di rivolta studentesca e operaia, Richard Nixon vinceva le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, i carri armati sovietici invadevano Praga, Nino Benvenuti si proclamava campione nel mondo al Madison Square Garden e il ventunenne Zdeněk Zeman si trasferiva in Italia dallo zio Čestmír Vycpálek, ex allenatore della Juventus.

Dopo 44 anni quell’anonimo boemo è diventato una star, uno degli allenatori di calcio più osannati e discussi che il calcio italiano abbia mai avuto. Successi insperati e fiaschi colossali, vittorie tennistiche seguite da sconfitte umilianti. Non ci sono mezze misure per definire Zdeněk Zeman, il tecnico che ha diviso l’opinione pubblica negli ultimi 20 anni.

Film, canzoni e libri hanno narrato le geste del boemo fumante, diventato nell’estate del 1998 il simbolo della lotta al doping in seguito al J’accuse al marcio del mondo del calcio.

Dal Foggia dei miracoli dei primi anni novanta nutro un amore incondizionato verso questo tecnico controcorrente, che professa ideali calcistici copernicani, mettendo il bel gioco al centro del suo mondo.

Notizia delle ultime settimane, la polemica con il sindaco di Chieti Umberto di Primio, l’ennesimo primo cittadino alla ricerca di notorietà, che aveva definito Zeman un “mezzo rom“, salvo scusarsi pubblicamente in seguito, dettando la colpa a una battuta mal interpretata (chissà da chi avrà preso lezioni … )

Caro Zdeněk, se amo ancora il calcio nonostante i vari Doni, Masiello, Moggi e quel maledettissimo golden gol di Trezeguet, beh, il merito è tutto tuo 🙂

“Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente.”

Zdeněk Zeman

Grazie di esistere !

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